giovedì 28 febbraio 2019

ALITO CATTIVO?


Avete problemi con l’alito del vostro cane o del vostro gatto? Oggi vi aiutiamo a capire i motivi di questo problema, come gestirlo, ma soprattutto come prevenirlo. 
L’alito cattivo dei nostri amici può essere legato a diversi quadri patologici ma la causa più frequente è spesso relativa al cavo orale (gengiviti, parodontiti e stomatiti). Esistono poi diversi fattori predisponenti, quali l’età avanzata, un’alimentazione umida e la mancata igiene orale quotidiana. 
Come potete accorgervi del problema? Spesso cani e gatti non mostrano difficoltà fino a che la situazione non appare grave. Per questo motivo è importante l’occhio attento del proprietario. Potrete vedere difficoltà nella masticazione o minore interesse nei confronti del cibo, alito cattivo riluttanza a farsi toccare il muso e a mordicchiare giochi. È importante fare periodiche visite di controllo presso il proprio Medico Veterinario per far valutare l’eventuale necessità di intervento di detartrasi in anestesia per poter ispezionare al meglio la situazione, rimuovere il tartaro mediante uno strumento ad ultrasuoni ed eventualmente procedere all’estrazione di denti. 
Si può tentare di prevenire tutto questo? Certo, il proprietario può abituare il cane o il gatto, fin da cucciolo, alla manipolazione della bocca, spazzolando i denti con appositi spazzolini o garze. Possono risultare utili giochi commestibili al posto di sassi o legni che invece tendono a rovinare l’aspetto dei denti. 
Per ogni dubbio vi consigliamo di rivolgervi al vostro Medico veterinario o se siete interessati a sapere di più riguardo all’igiene orale dei vostri pets potete leggere la nostra brochure sul sito clinicaveterinariagransasso, nella sezione notizie utili sotto la voce medicina interna, specialità odontostomatologia.

mercoledì 27 febbraio 2019

IL VOSTRO ANIMALE RESPIRA MALE?


Hai un Bulldog e lo senti respirare in modo troppo rumoroso? Oggi parliamo della sindrome brachicefalica, famosa anche con l’acronimo BAOS, che interessa molti cani brachicefali quali Bulldog Inglese e Francese, Boxer, Carlino, ma che riguarda anche alcune razze di gatti come Persiani e Burmesi. 
La BAOS è un insieme di alterazioni anatomiche legate alla forma delle ossa del cranio di questi animali. Le alterazioni riscontrate sono narici più strette, palato molle lungo e inspessito, associate, a volte, ad altre malformazioni delle alte vie aeree, che rendono difficoltosa l’inspirazione di aria generando un circolo vizioso che porta nel tempo al peggioramento della sintomatologia. Tutto ciò provoca il tipico stertore respiratorio, ovvero il rumore che contraddistingue molti di questi animali. In situazioni gravi si può arrivare ad avere cianosi (colorazione bluastra delle mucose data dalla scarsa ossigenazione dei tessuti), episodi sincopali e, soprattutto in estate, colpi di calore. 
Il sospetto diagnostico viene formulato sulla base della condizione clinica dell’animale, ma la conferma si ha mediante esame radiografico del torace associato a esami più approfonditi, che è possibile effettuare presso la nostra struttura, come la fluoroscopia della regione laringea e toracica ed esame laringoscopico, quest’ultimo in anestesia generale. La terapia è prevalentemente chirurgica e ha l’obiettivo di ridurre alcune delle alterazioni anatomiche che provocano la sintomatologia, per esempio apertura delle narici e plastica del palato molle. Quest’ultima procedura viene eseguita tramite un bisturi ad ultrasuoni, che riduce i tempi della chirurgia, rendendo la procedura anche più sicura. In questo modo, grazie al vostro e al nostro aiuto, i nostri amici dal naso corto potranno respirare molto meglio. Se il vostro cane è di razza brachicefala e volete sapere se affetto o meno da questa sindrome, chiamate in clinica e fissate un appuntamento con uno dei nostri chirurghi che, dopo una visita clinica vi darà tutte le indicazioni necessarie.
Se siete interessati a sapere di più riguardo alla Sindrome brachicefalica potete leggere la nostra brochure sul sito http://www.clinicaveterinariagransasso.it, nella sezione notizie utili, nella specialità chirurgia.

domenica 24 febbraio 2019

VIETATO MALTRATTARE GLI ANIMALI


È dal 13 novembre 1987 che gli Stati europei hanno firmato la Convenzione europea di Strasburgo per la protezione degli animali da compagnia (purtroppo ratificata dall’Italia solo nel 2010), che vieta qualsiasi amputazione sugli animali domestici se effettuata solo per motivi estetici e non curativi, specificando che in tale divieto rientrano anche il taglio della coda, il taglio delle orecchie, la recisione delle corde vocali, l’asportazione delle unghie e dei denti. Eventualmente, interventi di questo tipo potranno essere effettuati esclusivamente in presenza di una necessità terapeutica adeguatamente dimostrata da un veterinario, nell’interesse dell’animale.
Negli anni la giurisprudenza, anche italiana, si è pronunciata altre volte a favore degli animali, per esempio con una sentenza di recente pubblicazione (n. 4876 del 31 gennaio 2019) della terza sezione penale della Cassazione che ha sancito che chi taglia la coda a un cane commette il reato di maltrattamento di animali e rischia la condanna alla reclusione da 3 a 18 mesi o una multa da 5.000 a 30.000 euro.
Non sempre è facile fare rispettare tali leggi, e non sempre è facile individuare i colpevoli e portarli di fronte alla giustizia, ma fortunatamente la sensibilità nei confronti degli animali, e di quelli da compagnia in particolare, cresce anno dopo anno ed è compito di tutti noi aiutarla in tale crescita, non solo prendendoci cura dei nostri quattro zampe ma anche vigilando sul benessere di tutti gli altri.

venerdì 22 febbraio 2019

STENOSI POLMONARE E VALVULOPLASTICA


Presso il reparto di cardiologia della Clinica Veterinaria Gran Sasso vengono svolti abitualmente interventi cardiologici specialistici di rilievo. Tra questi spicca la procedura di valvuloplastica polmonare, ossia un intervento atto a correggere una delle patologie congenite cardiache più frequentemente riscontrate nel cane: la stenosi polmonare. 
Come dice il nome stesso, la stenosi polmonare è una patologia della valvola polmonare, ovvero della valvola che unisce il ventricolo destro all’arteria polmonare. La valvola polmonare è normalmente costituita da tre lembi ben differenziati tra loro, mentre in cani affetti da questa malattia i lembi risultano essere fusi tra di loro, più spessi del normale (si parla di “lembi rudimentali”) e l’apparato valvolare stesso può essere più piccolo del normale. La stenosi polmonare presenta predisposizioni di razza, interessando principalmente razze quali Bulldog francese, Bulldog inglese, Boxer, Pinscher, West Highland White Terrier, American Staffordshire, Cavalier King Charles Spaniel e Cocker.
A causa dell’ostruzione al flusso di sangue attraverso l’apparato valvolare anomalo si assiste a una serie di modificazioni emodinamiche e strutturali secondarie all’aumento delle pressioni. Quali sono i sintomi che compaiono in corso di stenosi polmonare? A seconda del tipo e della gravità di malformazione che interessa la valvola polmonare si possono avere sintomi di entità più o meno grave. Nelle forme lievi i soggetti risultano spesso asintomatici, ma trattandosi di una patologia congenita è possibile udire un soffio cardiaco già alla prima visita clinica del cucciolo. Nelle forme gravi si può riscontrare affaticamento durante l’esercizio fisico, difficoltà respiratoria fino ad arrivare a crisi sincopali. In stadi avanzati si può assistere anche allo sviluppo di insufficienza cardiaca destra con comparsa di ascite (accumulo di liquido in cavità addominale).
Come diagnostichiamo questa malattia? I veterinari si avvalgono di diversi mezzi diagnostici strumentali, quali studi radiografici del torace ed elettrocardiogramma, che risultano utili al fine di delineare alterazioni a carico della parte destra del cuore. L’esame più utile in questi casi è però rappresentato dall’esame ecocardiografico, non solo perché ci consente di emettere diagnosi conclusiva di stenosi polmonare e di verificare l’assenza di altre patologie congenite concomitanti (non è infatti un evento raro che un soggetto presenti più di un’anomalia cardiaca congenita) ma anche perché, mediante tale metodica, è possibile classificare la patologia in forme lievi, moderate e gravi. Purtroppo esistono anche altre forme di stenosi polmonari complicate da ulteriori anomalie, quali ad esempio la presenza di arterie coronarie con decorso anomalo. In questi casi spesso ci si avvale di ulteriori metodiche diagnostiche per la conferma diagnostica, quali studi angiografici ed ecografia transesofagea. 
Come viene trattata la stenosi polmonare? Il trattamento dipende dalla gravità della patologia. Nelle forme più lievi, in cui il cane si presenta asintomatico, è possibile eseguire solamente una terapia medica, tenendo sempre monitorato il paziente per verificarne l’andamento nel tempo. Nelle forme moderate e gravi è indicata la procedura di valvuloplastica polmonare, atta a dilatare la valvola stenotica e considerata il gold standard per il trattamento di questa patologia. Tale procedura mininvasiva viene eseguita inserendo un piccolo catetere all’interno della vena giugulare o della vena femorale, attraverso le quali si raggiunge il cuore sotto controllo fluoroscopico e dell’ecografia transesofagea. Una volta raggiunta la valvola polmonare viene gonfiato un palloncino localizzato all’estremità del catetere stesso (la seguente procedura viene effettuata per almeno tre volte) allo scopo di “dilatare” i lembi valvolari e raggiungere una maggiore apertura possibile della valvola, riducendo così il grado di ostruzione. La scelta del pallone dipende dalle dimensioni dell’apparato valvolare, pertanto risulta di fondamentale importanza la sua misurazione, sia in fase preoperatoria, mediante l’esame ecocardiografico (bidimensionale e tridimensionale), che in fase intraoperatoria, mediante fluoroscopia ed ecografia transesofagea. Dopo la procedura viene ripetuto un esame ecocardiografico per valutare la variazione delle pressioni transvalvolari nella fase postoperatoria. La procedura viene svolta in day hospital e la sera, salvo complicazioni, i cani sottoposti a valvuloplastica polmonare potranno andare a casa e tornare in clinica solo per controlli seriali, al fine di monitorare gli effetti della procedura nel corso del tempo e lo stato clinico e cardiologico del paziente. 
I risultati dell’intervento dipendono dalla severità della patologia e di altre condizioni, che vanno valutate di volta in volta. Nella nostra struttura ad oggi sono stati eseguiti circa 300 interventi di valvuloplastica polmonare, con un tasso di complicanze inferiore all’uno per cento. 

Nella foto: la Dott.ssa Blanca Serrano

giovedì 21 febbraio 2019

IN USCITA A MARZO


Un nostro veterinario, il Dottor Roberto Bussadori, ha curato l’edizione italiana di questo volume in uscita a marzo. “Chirurgia per immagini - passo dopo passo - Basi pratiche in sala operatoria” fornisce una spiegazione dettagliata di tutte le procedure di base fondamentali per il successo dell’intervento chirurgico. Si tratta di piccole azioni e dettagli che devono essere monitorati e controllati da tutti i membri dell’équipe prima, durante e dopo l’intervento.
Il volume è ricco di immagini delle tecniche chirurgiche per aiutare i veterinari nella pianificazione e nell’approccio ai loro interventi: presenta infatti numerosi casi clinici accompagnati da foto di interventi chirurgici. Il testo raccoglie gli aspetti più importanti della chirurgia, adattandoli alla realtà veterinaria così da poter essere applicati in un ospedale attivo 24 ore su 24 o in una piccola clinica. È un valido strumento per la preparazione e il supporto anche degli assistenti.

mercoledì 20 febbraio 2019

MEGAESOFAGO


Il megaesofago nei cani è una condizione grave, causata dalla dilatazione, focale o diffusa, dell’esofago associata a una sua alterata mobilità, che comporta delle alterazioni nella normale progressione del cibo. L’esofago è una struttura tubulare, di natura muscolare, che collega la laringe con lo stomaco e permette la progressione del cibo verso lo stomaco tramite movimenti peristaltici. Quando l’esofago si dilata in modo drastico e uniforme, divenendo un megaesofago, rende quindi difficoltoso il transito del cibo e causa il rigurgito, che è il sintomo più evidente di questa patologia, cioè l’espulsione passiva (a differenza di quanto avviene nel vomito, che è un atto attivo, perché si hanno delle evidenti contrazioni della pancia) da parte dell’animale del cibo presente nell’esofago. In seguito a questa inadeguata nutrizione, l’animale tenderà a perdere peso, nel cucciolo si avrà una crescita scarsa, e il cane avrà sempre fame (si parla di “polifagia”); se si associano delle complicazioni come la polmonite da aspirazione il soggetto manifesterà anche difficoltà respiratoria e abbattimento. 
Questa malattia può essere congenita (ovvero presente sin dalla nascita) o acquisita e quest’ultima, che è la forma più frequente, può essere idiopatica (in cui non è possibile riconoscere una causa scatenante) oppure secondaria ad altre patologie. 
Il megaesofago, sebbene non così frequente, viene sospettato ogni qualvolta il proprietario riferisce episodi di rigurgito; il veterinario dopo una raccolta di dati e informazioni utili sulla vita dell’animale, esegue una visita clinica e degli esami specifici per confermare la presenza di questa malattia e ricercarne, se presenti,  eventuali cause per trattarle, laddove possibile. 
Qualcuno ha avuto però una brillante idea per aiutare questi cani: costruire una sedia, detta sedia di Bayley, che spinge il cane a mangiare in posizione eretta, utilizzando quindi la forza di gravità per aiutare a far scivolareil cibo nello stomaco. Ovviamente questi animali devono mangiare anche dei cibi specifici e devono in generale fare piccoli pasti e frequenti. Le prime volte il cane è un po’ disorientato, ma quando comincia ad associare la sedia al cibo vi entra spontaneamente e con evidente felicità, come potete osservare nel video seguendo il link sotto.

martedì 19 febbraio 2019

SIAMO SUL JOURNAL OF VETERINARY CARDIOLOGY


Cinque dei nostri veterinari (M. Claretti, D. Pradelli, S. Borgonovo, E. Boz, C.M. Bussadori) si sono guadagnati la copertina della prestigiosa rivista Journal of Veterinary Cardiology (volume 20, issue 6) grazie all’articolo dal titolo “Clinical, echocardiographic and advanced imaging characteristics of 13 dogs with systemic-to-pulmonary arteriovenous fistulas”. Il pezzo è una descrizione dell'iter diagnostico di 13 casi di una patologia congenita consistente nella presenza di connessioni tra aorta ed arteria polmonare, che può presentarsi come malattia singola o associata ad altre. In questo articolo vengono anche descritte le analogie/differenze con la casistica in medicina umana, la presentazione clinica dei cani che hanno questa patologia e infine l'iter diagnostico nei diversi casi, illustrando le diverse opzioni diagnostiche e di approccio, sia esso interventistico o chirurgico.

lunedì 18 febbraio 2019

L'UNIONE FA LA FORZA


La simpatica Suri è un labrador di 5 anni, condotta in clinica per abbattimento del sensorio, vomito e dolore addominale. Presa in carico dalla veterinaria di medicina interna Dr.ssa Nunzia Susca, Suri è stata sottoposta a esami del sangue ed ecografia addominale, che ha rilevato una grave peritonite con versamento addominale. Quest’ultimo è stato analizzato in urgenza dai colleghi del laboratorio, che hanno riscontrato rari batteri e bile in moderata quantità, portando al sospetto diagnostico di un’ulcera perforante del tratto gastrico o intestinale alto. Si è perciò deciso di sottoporre l’animale a intervento chirurgico per riparare la lesione, compito affidato ai chirurghi Dr.ssa Diletta Dell’Apa e Dr. Marco Carollo, assistiti dall’anestesista Dr.ssa Consoli. Grazie all’intervento, ottimamente riuscito, Suri si è ripresa alla grande, ed è simpatica e giocherellona come sempre. La cooperazione tra internista – ecografista – patologo clinico (Dottoressa Manuela Florenti) – anestesista e chirurghi ha fatto la differenza, con Suri così come con tanti altri pazienti. Ulteriore dimostrazione che un team affiatato può giungere a ottimi risultati o, per dirla con un motto, l’unione fa la forza.

giovedì 14 febbraio 2019

GIORNATA MONDIALE CONTRO LE PATOLOGIE CARDIACHE CONGENITE


Il 14 febbraio è la giornata mondiale contro le patologie cardiache congenite, ovvero le malformazioni del cuore presenti nel bambino già dalla nascita. Oltre agli esseri umani, possono soffrirne anche gli animali. 
Le cardiopatie possono essere diverse per genere ed entità: alcune sono così gravi da mettere a rischio la salute dei cuccioli già dai primi mesi di vita e quindi richiedono un trattamento, a volte anche interventistico o chirurgico, tempestivo, mentre altre anomalie cardiache congenite sono meno gravi e non compromettono la vita dei nostri animali, pur dovendo essere sempre controllate con regolarità. Quindi è opportuno sottoporre il proprio cucciolo a una visita cardiologica preventiva, per verificare se affetto da qualche malformazione, specie se si sospetta tale possibilità. Ovviamente potete farlo nella nostra Clinica, tra le cui specializzazioni vi è la cardiologia. Prenotate la visita presso la nostra segreteria (telefono 02 2665928 oppure 02 2663095, il vostro cucciolo ve ne sarà grato.

mercoledì 13 febbraio 2019

ARGO, UN CANE DEGNO DI ULISSE


Argo è un golden retriever di soli tre mesi, arrivato in Clinica con un bel problema, anzi, un doppio problema. Visitato dalla nostra internista, la Dottoressa Roberta Consoli, Argo presenta una grave trombocitopenia, ovvero una carenza di piastrine del sangue che aumenta il rischio di sanguinamento. Inoltre, durante l’ecografia addominale, viene riscontrata una ostruzione intestinale dovuta a un invaginamento intestinale (ovvero uno scivolamento di un segmento dell’intestino all’interno del segmento successivo, un po’ come succede con un telescopio allungabile quando lo si accorcia). Quest’ultimo problema necessita di un intervento chirurgico urgente, impedito però dalla carenza di piastrine nel sangue. Si decide, quindi, di effettuare una trasfusione di piastrine e solo in seguito di procedere chirurgicamente. Dell’intervento si occupa il Dottor Marco Carollo, coadiuvato dalla Dr.ssa De Bastiani e dall’anestesia Dott.ssa Melissa Papa. Purtroppo, tre giorni dopo l’intervento Argo presenta nuovamente un invaginamento intestinale, mentre le piastrine restano basse. La situazione appare grave, ma il Dottor Carollo non si arrende e procede ad un nuovo intervento chirurgico. Dopo 12 giorni di terapia intensiva con prognosi riservata finalmente Argo sta meglio, il suo quadro clinico migliora e il nostro simpatico amico viene dimesso per tornare a casa propria, tra le braccia del suo proprietario. Una piccola Odissea finita bene.

nella foto: il piccolo Argo

martedì 12 febbraio 2019

TRASFUSIONI DI SANGUE


Cani e gatti hanno un gruppo sanguigno, proprio come noi, ma basato su un diverso sistema di classificazione dei gruppi. I gruppi sanguigni nei cani vengono indicati con una sigla: DEA (Dog Erythrocyte Antigen) – seguita da numeri. Ad oggi i gruppi sanguigni dei cani conosciuti sono 1.1, 1.2, 3, 4, 5, 6, 7, ma il gruppo maggiormente immunogeno (e quindi pericoloso) è il DEA 1.1, che prevede una ulteriore divisione in DEA 1.1 negativo e DEA 1.1 positivo. I gruppi sanguigni dei gatti, invece, sono chiamati A, B e AB. La cosa importante è che se un animale necessita di una trasfusione questa deve avvenire tra gruppi compatibili, proprio come nell’uomo. In caso di necessità presso la Clinica Veterinaria Gran Sasso siamo in grado di effettuare immediatamente trasfusioni di sangue di tutti i gruppi sanguigni, fornendo così un importante aiuto a cani e gatti che si trovino in pericolo di vita.

domenica 10 febbraio 2019

ANIMALI E SALUTE UMANA


“Il termine pet therapy indica una serie complessa di utilizzi del rapporto uomo-animale in campo medico e psicologico. Nei bambini con particolari problemi, negli anziani e in alcune categorie di malati e di disabili fisici e psichici il contatto con un animale può aiutare a soddisfare certi bisogni (affetto, sicurezza, relazioni interpersonali) e recuperare alcune abilità che queste persone possono aver perduto.”
Forse vi stupirete, ma non dovreste, nello scoprire che le parole sopra non sono frutto di qualche associazione animalista, bensì del Ministero della Salute, che ha ben compreso come gli animali svolgano un ruolo importante anche a livello terapeutico. Continua il Ministero: 
“È stato infatti rilevato da studi condotti già negli scorsi decenni e oggi comprovati da sempre più numerose esperienze, che il contatto con un animale, oltre a garantire la sostituzione di affetti mancanti o carenti, è particolarmente adatto a favorire i contatti inter-personali offrendo spunti di conversazione, di ilarità e di gioco, l'occasione, cioè, di interagire con gli altri per mezzo suo.
Può svolgere la funzione di ammortizzatore in particolari condizioni di stress e di conflittualità e può rappresentare un valido aiuto per pazienti con problemi di comportamento sociale e di comunicazione, specie se bambini o anziani, ma anche per chi soffre di alcune forme di disabilità e di ritardo mentale e per pazienti psichiatrici. Ipertesi e cardiopatici possono trarre vantaggio dalla vicinanza di un animale: è stato, infatti, dimostrato che accarezzare un animale, oltre ad aumentare la coscienza della propria corporalità, essenziale nello sviluppo della personalità, interviene anche nella riduzione della pressione arteriosa e contribuisce a regolare la frequenza cardiaca.” 
Viene considerata importante ed efficace anche la presenza di animali negli ospedali. 
“I bambini ricoverati in ospedale, ad esempio, soffrono spesso di depressione, con disturbi del comportamento, del sonno, dell'appetito e dell'enuresi dovuti ai sentimenti di ansia, paura, noia e dolore determinati dalle loro condizioni di salute, e dal fatto di essere costretti al ricovero, lontani dai loro familiari, dalla loro casa, dalle loro abitudini. Alcune recenti esperienze, condotte in Italia su bambini ricoverati in reparti pediatrici nei quali si è svolto un programma di Attività Assistite dagli Animali, dimostrano che la gioia e la curiosità manifestate dai piccoli pazienti durante gli incontri con l'animale consentono di alleviare i sentimenti di disagio dovuti alla degenza, tanto da rendere più sereno il loro approccio con le terapie e con il personale sanitario.”
Insomma, i nostri cani e gatti (e non solo) non sono solo creature da compagnia (che è già molto), ma validi “assistenti medici”, in grado di aiutarci nel raggiungere una migliore salute fisica e psicologica.    

venerdì 8 febbraio 2019

PIÙ ANIMALI NELLE FAMIGLIE


Sono da poco stati resi pubblici i dati Eurispes 2019. L’Eurispes è un istituto di ricerca privato italiano che si occupa di studi politici, economici e sociali e che ogni anno fornisce una sorta di “radiografia” dell’Italia.
Apprendiamo così che un terzo degli italiani accoglie in casa almeno un animale domestico (33,6%) con un incremento dell’1,1% rispetto al 2018 (32,4%). Inoltre, il 76,8% degli italiani considera i propri animali membri effettivi della famiglia. Sei su 10 li ritengono i loro migliori amici (60%), quasi un terzo veri e propri figli (32,9%). Soltanto il 20,5% considera un impegno gravoso tenere in casa un animale. La sensibilità verso gli animali, cani e gatti in particolare, è insomma in crescita. Fortunatamente.

mercoledì 6 febbraio 2019

LA TEMIBILE LEUCEMIA FELINA


La leucemia felina (FeLV) è una malattia infettiva con prognosi infausta, trasmessa da un Retrovirus (ad RNA), in grado di causare immunodepressione, anemia e/o forme neoplastiche, quali il linfoma.
La FeLV è una patologia presente in tutto il mondo, anche se negli ultimi 25 anni la sua diffusione si è notevolmente ridotta grazie ai test di screening, ai test diagnostici ed ai vaccini, sempre più comunemente effettuati sulla popolazione felina.
La trasmissione del virus da parte di gatti infetti avviene durante le più strette relazioni sociali tramite la saliva, le feci, le urine, le secrezioni nasali ed il latte, in particolare tramite la pulizia reciproca del pelo, l'accesso a ciotole comuni e lettiere sporche, ma anche tramite i morsi.
Nelle gatte gravide, purtroppo, il contrarre la malattia durante le fasi gestazionali ha effetti letali sui cuccioli, spesso infatti si ha riassorbimento embrionale, natimortalità o nascita di gattini malati che muoiono dopo alcune settimane di vita.
I cuccioli risultano molto sensibili a questa malattia, ma questa sensibilità, fortunatamente, si riduce con l'avanzare dell'età.
Un gatto FeLV positivo può non manifestare sintomi per un periodo più o meno lungo della sua vita, ma, verosimilmente, prima o poi i segni clinici più comuni di questa malattia si presenteranno e quindi potremmo avere: decadimento delle condizioni generali, febbre, anoressia, perdita di peso, disidratazione, anemia (soprattutto non rigenerativa), leucopenia, trombocitopenia, una maggiore suscettibilità ad infezioni secondarie (riniti, congiuntiviti, stomatiti, enteriti) ed il linfoma.
Segni clinici meno comuni invece comprendono segni di malattie immunomediate, enteriti croniche, problemi riproduttivi e sintomatologia neurologica periferica.
La maggior parte dei gatti con sintomatologia persistente in genere muore dopo 2 - 3 anni dalla diagnosi.
I gatti FeLV positivi presentano un rischio molto alto, circa 60 volte superiore, di sviluppare un linfoma (alimentare, timico, multicentrico od atipico) rispetto ai gatti FeLV negativi. Circa il 25% degli animali infetti colpiti da linfoma sono giovani, di età compresa tra i 2 ed i 4 anni. L'invasione del midollo da parte del virus causa un'imponente mielodisplasia a discapito di tutte le linee cellulari (linea rossa e bianca), per cui si ha una progressione verso la leucemia acuta anche in poche settimane. Per questo motivo trattamenti con corticosteroidi e trasfusioni possono alleviare i sintomi, ma la prognosi resta comunque infausta.
La diagnosi di leucemia felina può essere eseguita mediante test ambulatoriali grazie ad un piccolo prelievo ematico, che generalmente viene effettuato dal medico veterinario curante al momento della sterilizzazione/castrazione del cucciolo. Questi test, che sfruttano la reazione antigene-anticorpo (ELISA, enzyme-linked immunosorbent assay), se negativi possono indicare o la negatività all'infezione, o che il gatto ha eliminato l'infezione, o ancora che l’infezione è in uno stadio iniziale e quindi non ancora evidenziabile, o, infine, che l'infezione è latente; se i risultati sono positivi, indicano che il gatto sarà suscettibile a sviluppare entro alcuni anni malattie Felv-associate, oltre che essere un rischio per altri gatti, in quanto eliminatore del virus nell'ambiente. Per ogni gatto Felv-positivo l'esame andrebbe ripetuto dopo 6-8 settimane, soprattutto se è clinicamente sano, poiché si potrebbero ottenere dei risultati falsi-positivi che devono essere confermati da ulteriori indagini di laboratorio.
I test da eseguire per la conferma diagnostica sono l'IFI (Immunofluorescenza indiretta, che conferma una viremia cellulo-associata, ricercando anticorpi immunofluorescenti) e la PCR (Polymerase chain reaction, che dà informazioni più accurate in caso di discrepanza dei risultati, poiché si avvale della ricerca diretta del virus).
La gestione di un gatto FeLV positivo è essenzialmente basata sull'isolamento del soggetto dai negativi, sull’utilizzo di terapie di supporto e sul trattamento tempestivo delle infezioni secondarie.
Un gatto FeLV positivo deve essere sottoposto a controlli veterinari più frequenti rispetto a un soggetto sano, ogni sei mesi devono essere eseguiti esami ematologici, ematobiochimici ed esame delle urine. Occorrerà tenere sotto controllo eventuali infestazioni da parassiti gastrointestinali e da ectoparassiti. Inoltre è opportuno vaccinare il soggetto per rinotracheite-calicivirosi-panleucopenia virale felina, così come da protocollo delle linee guida.
È possibile vaccinare per la FeLV i gatti sani previo test con esito negativo. Questa vaccinazione è consigliata ogni qualvolta ci sia un effettivo rischio di contrarre la malattia (vita all'aperto, promiscuità con gatti randagi o con soggetti FeLV positivi). I gattini possono essere vaccinati a partire dalle 8-9 settimane di età, il primo richiamo va effettuato dopo 3-4 settimane e poi ogni anno. La vaccinazione per le comuni malattie virali va sempre effettuata su questi soggetti.

martedì 5 febbraio 2019

IL MICROCHIP È OBBLIGATORIO


Ricordiamo a tutti i possessori di cani che, dal 5 novembre 2004, il microchip è obbligatorio per i cani, che devono poter essere identificati per mezzo di questo piccolissimo dispositivo. Il microchip è una minuscola capsula con transponder che si inocula nel sottocute del collo (in genere sul lato sinistro del cane), ed è leggibile con un apposito lettore elettronico. L’applicazione del microchip non è causa di sofferenza per il cane. La lettura permette di rintracciare il padrone, grazie a un codice magnetico di 15 cifre che viene registrato presso l’anagrafe canina, una banca dati preposta all’iscrizione e alla registrazione dei cani in Italia. Il microchip va inserito entro 60 giorni dalla nascita dell’animale grazie a un veterinario mediante una piccola iniezione nel collo. Il transponder che contiene il codice è inserito in una capsula di vetro bio-compatibile, la cui superficie è trattata con microsolchi per facilitare l’ancoraggio nei tessuti sottocutanei e impedirne lo spostamento.
Il microchip ha una dimensione esterna di circa 11 mm di lunghezza e 2 mm di diametro, ed è contenuto in una particolare siringa sterile e monouso tramite la quale iniettarlo nell’animale. Il codice di identificazione contenuto nel microchip non può essere contraffatto e viene assegnato una sola volta in tutto il mondo. 
Quali sono i vantaggi del microchip?
Immediata identificazione in caso di smarrimento.
Identificazione veloce in caso d’incidente.
Deterrente ai furti.
Deterrente agli abbandoni.
Deterrente all’importazione illegale.

lunedì 4 febbraio 2019

STAGE IN ECOCARDIOGRAFIA

Presso la Clinica Veterinaria Gran Sasso è possibile svolgere stage in ecocardiografia destinati a diversi livelli di preparazione. I corsi hanno un orientamento pratico e teorico con lezioni frontali, esercitazioni pratiche e discussione di casi clinici. Lo scopo è quello di fornire a chi si sta approcciando alla cardiologia veterinaria basi adeguate da cui consolidare la professione specialistica e a chi già si occupa di tale disciplina gli strumenti necessari per migliorare le loro performance nell’ esecuzione e nell’ interpretazione degli esami ecocardiografici. Per ulteriori informazioni o qualora siate interessati a partecipare agli stage potete contattare la nostra struttura al numero 02 2665928 e chiedere di parlare con la Dott.ssa Boz.

venerdì 1 febbraio 2019

OCCLUSIONE DEL DOTTO ARTERIOSO DI BOTALLO


Ogni Clinica Veterinaria, oltre ad avere in organico veterinari in grado di svolgere visite ed interventi di routine, si avvale anche della collaborazione di specialisti nei vari settori della medicina e può arrivare ad eccellere in alcuni di questi, diventando punto di riferimento per le altre strutture. Nel nostro caso tra le specializzazioni spicca la cardiologia. Grazie al Dott. Claudio Bussadori ed ai suoi colleghi, presso la Clinica Veterinaria Gran Sasso vengono eseguiti interventi cardiologici di rilievo. Tra questi vi è l’occlusione del dotto arterioso di Botallo nel cane. Vediamo di cosa si tratta. 
Nella fase prenatale di tutti i mammiferi (quindi anche di noi umani) è presente un vaso sanguigno, detto dotto arterioso, che mette in comunicazione l’arteria polmonare all’aorta, il cui compito è quello di consentire un bypass del circolo polmonare non ancora funzionante, in quanto durante la vita intrauterina l’ossigenazione del sangue avviene nella placenta. Poche ore dopo la nascita, con i primi atti respiratori, normalmente questo condotto si chiude, grazie ad una serie di meccanismi che si instaurano nelle prime fasi della vita extrauterina. Questo però non accade sempre ed i cani sono particolarmente soggetti a tale problema, difatti la pervietà del dotto arterioso (o dotto di Botallo) è la patologia cardiaca congenita più frequente in questo animale (rappresenta oltre il 32% delle cardiopatie congenite del cane) e le femmine risultano più predisposte dei maschi.
Quali conseguenze cliniche ha la mancata chiusura di questa comunicazione? 
Ovviamente la sintomatologia dei cani con PDA (patent ductus arteriosus) varia in funzione delle dimensioni del dotto e, di conseguenza, della quota di sangue che lo attraversa. Cani con dotti di piccole dimensioni possono non avere nessun sintomo per anni; in alcuni pazienti si può notare difficoltà nello svolgere esercizio fisico, tosse e difficoltà respiratoria; nei soggetti con dotti di dimensioni più ampie si possono manifestare sintomi relativi ad uno scompenso cardiaco congestizio già nei primi mesi di vita, con edema polmonare (eccesso di liquidi nei polmoni). Generalmente la mancata chiusura del dotto viene rilevata dai veterinari alla prima visita dell’animale, a pochi mesi di vita. 
Auscultando il cuore si può ritrovare un soffio caratteristico, oppure semplicemente tenendo in braccio l’animale si può percepire una sorta di vibrazione in corrispondenza della regione cardiaca. L’entità di entrambi è ovviamente proporzionata alla gravità della malattia. 
Come si risolve il problema? Chiudendo il dotto arterioso. In passato questo avveniva solamente attraverso la legatura chirurgica del dotto. Da alcuni anni esiste una procedura decisamente meno invasiva, attuabile in cani di dimensioni adeguate, che consiste nel chiudere il dotto inserendovi un dispositivo chiamato ACDO (Amplatzer Canine Duct Occluder), che può essere paragonato ad una sorta di piccolissimo ombrellino (la sua forma ricorda proprio un ombrello senza manico). Il posizionamento dell’ACDO avviene tramite l’inserimento di un catetere nell’arteria femorale, partendo da una piccola incisione praticata all’interno della coscia, e successivamente spinto fino al cuore, per raggiungere il dotto. Una volta cateterizzato il dotto, viene rilasciato il dispositivo ACDO che, uscito dal catetere, si apre chiudendo il dotto. Ben presto i tessuti circostanti si adatteranno attorno al dispositivo, fino a ricoprirlo completamente, impedendogli di muoversi. Tutta l’operazione viene monitorata tramite ecografia transesofagea e fluoroscopia; i veterinari coinvolti nella procedura controllano su video l’inserimento del catetere ed il rilascio dell’ACDO. I cani sottoposti a questa procedura interventistica rimangono ricoverati presso la Clinica Gran Sasso per una notte e successivamente l’animale dovrà restare quanto più tranquillo possibile, in modo da dare il tempo ai tessuti di crescere attorno al dispositivo rilasciato. 
Una volta chiuso il dotto l’aspettativa di vita di questi cagnolini può ritornare pari a quella di un animale sano, a seconda della gravità del quadro sviluppato, dell’età in cui si interviene, della presenza o meno di aritmie e di molti altri fattori che andranno valutati di volta in volta.
Presso la Clinica Gran Sasso sono stati effettuati circa 300 di questi interventi nel corso degli ultimi 10 anni ed il tasso di complicanze è inferiore all’uno per cento. 

Nella foto, il dispositivo ACDO aperto