venerdì 1 febbraio 2019

OCCLUSIONE DEL DOTTO ARTERIOSO DI BOTALLO


Ogni Clinica Veterinaria, oltre ad avere in organico veterinari in grado di svolgere visite ed interventi di routine, si avvale anche della collaborazione di specialisti nei vari settori della medicina e può arrivare ad eccellere in alcuni di questi, diventando punto di riferimento per le altre strutture. Nel nostro caso tra le specializzazioni spicca la cardiologia. Grazie al Dott. Claudio Bussadori ed ai suoi colleghi, presso la Clinica Veterinaria Gran Sasso vengono eseguiti interventi cardiologici di rilievo. Tra questi vi è l’occlusione del dotto arterioso di Botallo nel cane. Vediamo di cosa si tratta. 
Nella fase prenatale di tutti i mammiferi (quindi anche di noi umani) è presente un vaso sanguigno, detto dotto arterioso, che mette in comunicazione l’arteria polmonare all’aorta, il cui compito è quello di consentire un bypass del circolo polmonare non ancora funzionante, in quanto durante la vita intrauterina l’ossigenazione del sangue avviene nella placenta. Poche ore dopo la nascita, con i primi atti respiratori, normalmente questo condotto si chiude, grazie ad una serie di meccanismi che si instaurano nelle prime fasi della vita extrauterina. Questo però non accade sempre ed i cani sono particolarmente soggetti a tale problema, difatti la pervietà del dotto arterioso (o dotto di Botallo) è la patologia cardiaca congenita più frequente in questo animale (rappresenta oltre il 32% delle cardiopatie congenite del cane) e le femmine risultano più predisposte dei maschi.
Quali conseguenze cliniche ha la mancata chiusura di questa comunicazione? 
Ovviamente la sintomatologia dei cani con PDA (patent ductus arteriosus) varia in funzione delle dimensioni del dotto e, di conseguenza, della quota di sangue che lo attraversa. Cani con dotti di piccole dimensioni possono non avere nessun sintomo per anni; in alcuni pazienti si può notare difficoltà nello svolgere esercizio fisico, tosse e difficoltà respiratoria; nei soggetti con dotti di dimensioni più ampie si possono manifestare sintomi relativi ad uno scompenso cardiaco congestizio già nei primi mesi di vita, con edema polmonare (eccesso di liquidi nei polmoni). Generalmente la mancata chiusura del dotto viene rilevata dai veterinari alla prima visita dell’animale, a pochi mesi di vita. 
Auscultando il cuore si può ritrovare un soffio caratteristico, oppure semplicemente tenendo in braccio l’animale si può percepire una sorta di vibrazione in corrispondenza della regione cardiaca. L’entità di entrambi è ovviamente proporzionata alla gravità della malattia. 
Come si risolve il problema? Chiudendo il dotto arterioso. In passato questo avveniva solamente attraverso la legatura chirurgica del dotto. Da alcuni anni esiste una procedura decisamente meno invasiva, attuabile in cani di dimensioni adeguate, che consiste nel chiudere il dotto inserendovi un dispositivo chiamato ACDO (Amplatzer Canine Duct Occluder), che può essere paragonato ad una sorta di piccolissimo ombrellino (la sua forma ricorda proprio un ombrello senza manico). Il posizionamento dell’ACDO avviene tramite l’inserimento di un catetere nell’arteria femorale, partendo da una piccola incisione praticata all’interno della coscia, e successivamente spinto fino al cuore, per raggiungere il dotto. Una volta cateterizzato il dotto, viene rilasciato il dispositivo ACDO che, uscito dal catetere, si apre chiudendo il dotto. Ben presto i tessuti circostanti si adatteranno attorno al dispositivo, fino a ricoprirlo completamente, impedendogli di muoversi. Tutta l’operazione viene monitorata tramite ecografia transesofagea e fluoroscopia; i veterinari coinvolti nella procedura controllano su video l’inserimento del catetere ed il rilascio dell’ACDO. I cani sottoposti a questa procedura interventistica rimangono ricoverati presso la Clinica Gran Sasso per una notte e successivamente l’animale dovrà restare quanto più tranquillo possibile, in modo da dare il tempo ai tessuti di crescere attorno al dispositivo rilasciato. 
Una volta chiuso il dotto l’aspettativa di vita di questi cagnolini può ritornare pari a quella di un animale sano, a seconda della gravità del quadro sviluppato, dell’età in cui si interviene, della presenza o meno di aritmie e di molti altri fattori che andranno valutati di volta in volta.
Presso la Clinica Gran Sasso sono stati effettuati circa 300 di questi interventi nel corso degli ultimi 10 anni ed il tasso di complicanze è inferiore all’uno per cento. 

Nella foto, il dispositivo ACDO aperto

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